Il documento ci aveva dato molti dettagli, molti spunti di riflessione. Prima di tutto la levatrice, Carmela Alfano. Era verosimile che fosse lei la persona che mia madre aveva rintracciato e che le aveva fatto la famosa domanda. Di certo era depositaria di molti segreti, di certo non poteva ricordare tutti i figli illegittimi che aveva fatto nascere nella sua carriera. Mia madre però arrivò a lei con in mano un documento, l'atto di nascita, che non lasciava dubbi sul suo coinvolgimento ed è possibile che la sua memoria fosse lucida. La Alfano aveva 34 anni quando fece nascere mia madre e nel 1951 poteva anche ricordare esattamente i nomi, le persone e allora la domanda "ma vuoi veramente sapere la verità?" poteva effettivamente essere plausibile. Oppure era soltanto quello che diceva a tutti quelli che arrivavano a lei con in mano un documento e la stessa angosciosa domanda a cui lei non poteva o non voleva dare una risposta. Sull'Atto di Nascita c'era un indirizzo, via Sedile di Porto 35. La via esiste ancora a Napoli, anche se il numero civico non risulta. Facendo una ricerca su Paginebianche risultano 106 persone abbonate al telefono che si chiamano Alfano. Una possibile traccia da seguire poteva essere quella della sua professione ma in realtà anche trovando qualche discendente in vita è impossibile che qualcuno possa sapere nel dettaglio fatti accaduti ottanta anni fa che oltretutto dovevano rimanere segreti già allora. Impossibile anche sperare che ci fosse da qualche parte un archivio cartaceo, un registro. Carmela Alfano dunque restava una strada senza uscita.
C'erano altri dati importanti sull'atto di nascita: l'affiliazione, per esempio, datata 1939 quando mia madre aveva sette anni; i due testimoni, probabilmente impiegati dello stesso ufficio del Comune di Napoli; il cognome, Corbucci, frutto di chissà quale elucubrazione mentale di Efisio Perisi "Uffiziale di Stato Civile".
La nostra attenzione però era concentrata sulle modalità del parto e sui cinque giorni che erano passati dalla nascita alla denuncia presso lo Stato Civile. Non era chiaro se via Sedile di Porto fosse l'abitazione della Alfano. Non è verosimile che fosse indicato l'indirizzo della puerpera quando la donna "non acconsente ad essere nominata". All'epoca partorire da una levatrice era sicuramente costoso e non poteva essere liquidato con generi alimentari come accadeva spesso nei casi di parti legittimi. Quindi quella donna aveva disponibilità finanziarie, non era una prostituta che si era liberata di una figlia non voluta. Poteva sempre essere una "servetta" rimasta incinta del padrone di casa ma l'ipotesi non reggeva. L'abbandono di mia madre fu un atto così drammaticamente definitivo, senza ripensamenti; doveva esserci un altro significato che ci sfuggiva. E infine, perché sono passati cinque giorni dalla nascita alla denuncia? Qualcuno si era occupato di lei in quei giorni, sicuramente per una levatrice non era difficile trovare qualcuno che si prendesse cura e allattasse una neonata. Ma perché aspettare cinque giorni? Era un abbandono premeditato oppure fu una decisione sofferta?
Il dato più importante era però il Brefotrofio della Santa Annunziata. L'Ufficiale di Stato Civile aveva disposto il trasferimento in quello che è stato fino agli anni '80 un orfanotrofio che affondava le sue radici profondamente nella Storia. La Basilica della Santa Annunziata fu eretta nel 1300 da due nobili napoletani e fu la Regina Sancia di Maiorca, seconda moglie di Re Roberto D'Angiò a dare nel 1340 disposizioni e fondi affinché fosse costruito un ricovero per i bambini abbandonati. Nacque più tardi la famosa "ruota degli esposti" che fino alla metà del 1700 generò il cognome Esposito, così comune nella regione. Seicento anni di storia erano passati tra quegli edifici, migliaia di bambini abbandonati. Mia madre era una "Figlia dell'Annunziata" o "Figlia della Madonna". Esisteva dunque traccia del suo ingresso in un registro, esisteva forse una cartella clinica, documenti insomma. Nessuna speranza di trovare il nome della madre ma avevamo una traccia da seguire.

La Repubblica 22 aprile 2008

"Vite tutte uguali, quelle dei piccoli figli di nessuno, abbandonati nella ruota dell' istituto. Con il problema eterno dell' identità. Uno dei momenti chiave della loro esistenza era quello delle nozze. Che si compivano con una cerimonia ispirata anche quella all'anonimato. Le figlie della Madonna, diventate adulte nella Real Casa Santa dell' Annunziata, entravano tutte assieme nel Salone delle Colonne. Vestite con l' abito più bello, nella mano di ciascuna un fazzoletto, trovavano ad aspettarle, disposti in fila ordinata, gli aspiranti mariti, qualche volta giovanotti, più spesso uomini in età. La cerimonia non era fastosa. Ogni ragazza faceva cadere il proprio fazzoletto e chi, tra quegli spasimanti lo raccoglieva, la sposava. Il salone dalle colonne di marmo, con le farmacie intarsiate del Seicento e le pareti in rosso pompeiano, era uno degli spazi più belli del complesso di Forcella. Come la Biblioteca Medica, che raccoglieva tre secoli di storia clinica dei piccoli ospiti senza nome. O il Fondo degli Esposti, dove in cinque stanze di un' area dell' Ospedale dell' Annunziata affacciata su corso Umberto, si conservano ancora oggi due chilometri di carte, inventario prezioso per risalire alle vicende dell' infanzia abbandonata a Napoli. Qui si custodiscono le buste con i nominativi delle madri naturali degli "esposti", nei casi in cui abbiano voluto indicarlo."

Tiziana Cozzi